Conferenza sul Pregiudizio, MACRO/Museo di Arte Contemporanea Roma – 9 novembre 2013

Nella sua accezione letterale il pregiudizio indica un’idea o un’opinione formulata senza una conoscenza diretta dell’oggetto o dei fatti, che dovrebbe essere verificata per stabilirne la validità. In effetti, poi, nella maggior parte dei casi, la conferma prescinde dalla verifica empirica e tende a cristallizzare il pregiudizio in una valutazione erronea: quello che dovrebbe essere un grado zero del giudizio, diventa in realtà l’espressione soggettiva di un atteggiamento aprioristico.

Così in filosofia per un verso, e nelle discipline psicologiche e sociali per l’altro, il termine è diventato sinonimo di una convinzione errata, al limite di una credenza superstiziosa, quando si misura con fenomeni religiosi; o di forme di aggressività anche violenta, quando si svolge sul piano antropologico e sociale, dando luogo a fenomeni di xenofobia e di razzismo.

Nella storia del movimento psicoanalitico, proprio per la sua generalità, il pregiudizio non è entrato a far parte delle categorie principali della teoria e soltanto nel secondo dopoguerra dello scorso secolo alcuni esponenti della terza generazione hanno cominciato a trattarlo in un’ottica propriamente psicoanalitica.

Per queste ragioni, il 9 novembre 2013 l’A.I.Psi. ha dedicato al tema del pregiudizio una giornata di studio, che si è svolta nella sala conferenze del Museo MACRO di Roma: l’iniziativa è stata introdotta e coordinata da Adolfo Pazzagli, presidente dell’A.I.Psi., e ha avuto come asse principale le relazioni di Simona Argentieri (sulle radici del fenomeno dal punto di vista psicoanalitico) e di Stefano Rodotà (le sue manifestazioni nell’ambito sociale e giuridico). Hanno poi portato un contributo su aspetti specifici clinici e teorici del problema Giovanna Ambrosio, Paolo Mariotti, David Meghnagi e Geni Valle.

Si può leggere il programma dell’intera giornata e riascoltare le due relazioni principali di Simona Argentieri e di Stefano Rodotà.