Textbook of Psychoanalysis, Edited by:
Ethel Person, Arnold Cooper e Glen Gabbard.
The American Psychiatric Publishing, 2005

RECENSIONE di Adolfo Pazzagli

È stato recentemente pubblicato non casualmente da The American Psychiatric Publishing, un editore specializzato in opere e riviste psichiatriche, il moderno e ponderoso “Textbook of Psychoanalysis”, di oltre 600 pagine di grande formato ed a due colonne. I curatori, Ethel Person, Arnold Cooper e Glen Gabbard, tre personalità di grande rilievo nella psicoanalisi americana attuale, hanno realizzato un’opera di grande respiro, che comprende 36 capitoli, veri e propri saggi di rassegna e puntualizzazione, adatti per lo studio e per la consultazione dei vari argomenti.
Trattati nel complesso in modo assai meditato, approfondito e ricco di problematicità, anche se con qualche disarmonia inevitabile in questo tipo di pubblicazioni nonostante l’impegno dei curatori, i capitoli hanno come autori 39 studiosi specificamente qualificati, con grande prevalenza ma non esclusivamente nord-americani. I capitoli sono raggruppati in sei “Parti”: Concetti Nucleari, Teoria dello Sviluppo, Trattamento e Tecnica, Ricerca, Storia della Psicoanalisi, Psicoanalisi e Discipline collegate.
Per dare un esempio del tipo e della qualità dell’opera si riportano i capitoli e gli autori di essi che sono compresi nella prima parte:

  1. Teorie della motivazione in Psicoanalisi, di Fred Pine;
  2. L’inconscio dinamico: determinismo psichico, conflitto intrapsichico, fantasia inconscia, sogni e formazione dei sintomi, di W.W. Meissner;
  3. Relazioni precoci e loro internalizzazione, di Salman Akhtar;
  4. Teorie delle relazioni oggettuali e tecnica;
  5. Intersoggettività, di Daniel Stern;
  6. infine, Genere e sessualità di Mariel Dimen e Virginia Goldner.

Le altre successive cinque parti mostrano anch’esse, nella loro impostazione, uguale interesse alla base clinica e culturale della psicoanalisi ed originalità e modernità di impostazione. Nel rapporto con le discipline collegate, le neuroscienze hanno un posto importante, trattate da Mark Solmes, così come sono di netto rilievo le Parti “Teoria dello sviluppo” (con articoli di Emde, di Fonagy e di Mayes sui contributi psicoanalitici e su quelli di altre discipline alle conoscenze sullo sviluppo della vita mentale e quello di Mary Target sull’attaccamento) e “Ricerca”, con contributi interessanti, fra i quali quelli di Wallerstein e di Wilma Bucci, in un’impostazione generale che mostra il desiderio di esporre ciò che è essenziale della psicoanalisi ma anche i suoi sviluppi, le sue applicazioni e le relazioni con discipline e scienze diverse. È posto cioè l’accento su quanto, in modo particolare negli ultimi decenni, la psicoanalisi ha incontrato e si è collegata ad altri campi della cultura e delle scienze, apportando ad essi ipotesi e possibilità di sviluppo e risultandone a sua volta arricchita. Infatti è proprio in questi collegamenti che la Psicoanalisi, pur conservando la sua specificità, in particolare come metodo clinico di cura, di studio e di ricerca, può trovare ampie possibilità di prova o di confutazione attraverso ricerche empiriche estese.
La lettura di diversi capitoli del Textbook implica anche per gli studiosi ed i lettori interessanti appartenenti a campi affini la necessità di una conoscenza precedente di che cosa la psicoanalisi è, di come è applicata clinicamente e delle sue teorie di fondo. Il testo, poi, richiede ovviamente al lettore psicoanalista un’identità salda, tale che possa permettergli di confrontarsi con idee e stimoli nuovi, di mettere in crisi alcune delle sue certezze senza però perdere il contatto col nucleo forte della sua disciplina. Il libro, in questo senso, richiama continuamente la psicoanalisi come insostituibile approccio clinico e come matrice di stimoli. Infatti il volume mostra chiaramente, come si è detto, l’intento di presentare agli psichiatri ed ad altri studiosi interessati non solo il nucleo “forte”, duro della psicoanalisi, in modo critico e problematico, ma anche i dibattiti fondamentali interni ad essa, gli sviluppi recenti e le estensioni di essa nelle aree della ricerca e dello sviluppo teorico e pratico. Come sottolinea Fred Pine a proposito del dibattito sulle teorie della motivazione in Psicoanalisi (un capitolo davvero eccellente per rigore ed impostazione culturale), la Psicoanalisi stessa si caratterizza per un’eredità di opposizione interna e di significative modificazioni, il tutto in un contesto di continuità. Quest’ultima caratteristica fornisce ad essa una salda identità, l’opposizione interna, i dibattiti e le discussioni che essa suscita sono la base di sviluppi teorici e pratici, le modificazioni ne delineano l’estensione e le applicazioni.
Come risultato di questa impostazione, in modo esemplificativo, si può vedere nell’opera della quale si parla come la Psicoanalisi si è occupata dell’organizzazione della personalità, ponendo l’accento sia su quella adulta, strutturata che sul suo sviluppo. Se tutte le scuole di psicoanalisi riconoscono l’esistenza di componenti inconsce e preconosce della mente, le differenti teorie pongono l’accento su dinamiche diverse, sulle pulsioni biologiche la teoria della libido, sulle relazioni fra Io,Es e Superio la teoria strutturale, sul mondo relazionale interiorizzato la teoria delle relazioni oggettuali. Inoltre la forte tendenza della psicoanalisi contemporanea a considerare l’intera vita mentale come il risultato di interazioni sociali, sottolinea il fatto che gli eventi che compaiono in un trattamento psicoanalitico debbono essere compresi come risultato di interazioni fra il paziente e l’analista piuttosto che come dati provenenti esclusivamente dal paziente. Scuole postmoderne, come quelle basate su teorie interpersonali, relazionali, intersoggettive (queste trattate efficacemente da Daniel Stern nel libro del quale si tratta) e costruttiviste accentuano l’importanza di questo campo bipersonale , del suo impatto emozionale, della co-costruzione del campo transfert-controtransfert da parte della coppia analitica. Se ciò è specifico di queste impostazioni, tuttavia tutta la psicoanalisi riconosce il potenziale significato mutativo, anche sulla personalità strutturata, di nuove relazioni significative, in primis quella psicoanalitica. Così opposizione, dibattito interno, sviluppo e continuità possono saldarsi e trovare anche possibili estensioni in ricerche direttamente verificabili, come può accadere attraverso studi empirici che si rifanno alla teoria dell’attaccamento. Questi studi pongono, ad esempio, l’accento sulla fine sintonizzazione affettiva e cognitiva di madre e bambino, una sintonizzazione che porta alla mentalizzazione, sul senso di sicurezza, sulla fantasia, sul fatto che questa implica l’interazione con un’altra persona e sullo scambio di sentimenti con essa. Come rilevato, per esempio, da Sandler, bisogno di sicurezza e soddisfazione sono potenti motivazioni delle condotte che non sono determinate in modo esclusivo da pulsioni.
Mettendo le cose in modo semplice, come dicono nella loro introduzione Person, Cooper e Gabbard, le osservazioni di molti, differenti analisti convergono nel suggerire che l’interesse degli esseri umani per le altre persone e per lo sviluppo di legami affettivi non è semplicemente derivato dalla libido sessuale ma costituisce una linea indipendente di quello sviluppo che, basato su propensioni innate, necessita poi di esperienze specifiche condivise, una caratteristica che poi sarà presente, in modo diverso, per tutta la vita (si veda nel Textbook il lucido capitolo di Robert Emde che collega l’orientamento che sottolinea lo sviluppo col punto di vista genetico e con quello adattivo interni alla psicoanalisi nonché con le conoscenze sullo sviluppo originate dalla psicoanalisi stessa ed anche dalle altre scienze dello sviluppo). Osservazioni sperimentali, empiriche e cliniche, quindi, hanno determinato la convergenza verso una psicologia “a due persone”, ricca di implicazioni sia per la psicoanalisi che per altre discipline (ricerca empirica in psicologia, teorie sociologiche, teorie antropologiche e filosofiche, loro applicazioni pratiche). Questi sviluppi hanno così portato a nuove elaborazioni ed ad interscambi significativi fra psicoanalisi e campi, ad essa vicini, di ricerca, sviluppando, modificando profondamente e superando l’originale teoria degli istinti di Freud ma senza tradire lo spirito freudiano che prevedeva evoluzioni, sviluppi, superamenti di teorie che erano state adottate per fare provvisoriamente chiarezza nel materiale clinico ma che erano anche viste come destinate ad essere superate sia dagli sviluppi della ricerca clinica che dai progressi di altre scienze. L’importante opera della quale stiamo parlando si pone nella prospettiva, che illustra e sottolinea, della psicoanalisi come disciplina autonoma, fondamentale per la conoscenza e lo sviluppo della mente degli esseri umani, collegata a discipline vicine, che essa arricchisce e dalle quali è arricchita, ponendosi in un crocicchio centrale, ma senza quelle pretese egemoniche, che possono finire con l’accentuare tendenze fideistiche ed antiscientifiche.
Il “pluralismo teorico”domina la scena psicoanalitica attuale, gli psicoanalisti nel mondo non sono uniti dall’adesione ad un’unica teoria ma, ad esempio, l’attenzione agli elementi pre-edipici ed alle relazioni oggettuali ha comunque rivoluzionato il pensiero psicoanalitico. Tutti questi sviluppi non sono stati integrati in un’unica teoria sovraordinata, ma il pensiero psicoanalitico è stato arricchito ed ha arricchito in particolare osservazione infantile, antropologia, etologia, psicologia cognitiva, filosofia, studi di narrativistica e neuroscienze.
È ovvio, come detto, che la psicoanalisi ha una sua specifica autonomia, basata sul suo specifico vertice clinico e sulle osservazioni che da questo derivano ma non può che cimentare queste e confrontarle con le conoscenze di discipline affini e collegate. Ad esempio le neuroscienze non possono certo stabilire la verità di osservazioni e la validità dì ipotesi psicoanalitiche ma queste, a loro volta, non possono essere in contrasto con conoscenze neurobiologiche ben affermate. Così l’interessante capitolo di Jay Greenberg sulle teorie dell’azione terapeutica della psicoanalisi ricostruisce, in modo efficace anche se un poco schematico e dilemmatico, il conflitto fra l’enfasi posta sulle interpretazioni e quella posta sulla relazione all’interno del pensiero psicoanalitico e cerca di collegare rispettivamente le interpretazioni con la possibilità di rendere consci contenuti della memoria dichiarativa e invece la funzione terapeutica della relazione all’azione sull’ “inconscio procedurale”. L’Autrice tuttavia mette in guardia dalla possibilità di considerare questa soluzione, collegata con il progresso delle conoscenze neurobiologiche sui tipi di memoria, come una soluzione definitiva, che riconcilia una situazione dilemmatica, poiché il salto fra neurobiologia e psicoanalisi è molto ampio e molti fattori possono essere presenti fra le due sponde.
Nel suo rapporto poi con la sofferenza psichica, che è un tema centrale di un’opera diretta anche a psichiatri (si veda ad esempio la presenza di un capitolo, affidato a Roose e Cabanniss su Psicoanalisi e Psicofarmacologia) e pubblicata da una casa editrice specializzata in quest’area, la psicoanalisi rispetta ed accetta gli sviluppi psichiatrici recenti ma non può che relativizzarli e problematizzarli, non può prendere le osservazioni psichiatriche come dati assoluti ma relativi allo strumento di osservazione usato, sottolineare che non tutte le sofferenze umane sono elencate nei manuali diagnostici.
Il rapporto fra psicoanalisi e psichiatria è sempre stato complesso; necessario, inevitabile ma conflittuale, sovente collegato a reciproco sospetto dei cultori delle due professioni. Gli psichiatri sono abituati a ricercare e cogliere alcuni elementi essenziali comuni, fra i quali i sintomi e gli antecedenti di essi, nel soggetto e nella famiglia, elementi che l’esperienza e gli studi di psicopatologia descrittiva indicano necessari per una diagnosi e quindi per una prognosi ed una terapia. Gli psicoanalisti, a loro volta, abituati a trattare e conoscere in modo approfondito e specifico pochi pazienti per lungo tempo, tendono a vedere soprattutto ciò che d’individuale, di unico, collegato alla storia ed al mondo mentale, interno, prevalentemente inconscio vi è in caso; gli psichiatri trattano invece molti casi, confrontandoli fra loro e ricercando primariamente ciò che di comune essi hanno. Gli psicoanalisti guardano con un certo sospetto a questa procedura, temendo che dietro di essa vi sia una sorta di “riduzionismo ontologico” (il caso è nient’altro che quello che si trova di ciò che si ricerca) invece di un “riduzionismo metodologico” (si ricercano e si individuano tratti comuni, in nulla convinti che la persona si riduca a questo ma considerando questa procedura necessaria per poter applicare a quello specifico paziente le conoscenze che derivano dagli studi e dalle esperienze precedenti). Un confronto ed un contributo reciproco fra psichiatria e psicoanalisi, appare [tuttavia] inevitabile, se si vuole da un lato dare vita ai casi psichiatrici, evitando di considerarli solo come portatori di sintomi e da un altro far sì che anche i casi psicoanalitici possano portare a conclusioni generalizzabili anche in ambito psichiatrico. È certo tuttavia che è difficile coniugare un approccio, come è oggi sempre di più quello psichiatrico, che ricerca, essenzialmente, la patologia di ciò che è psichico, magari tendendo, in modo quasi imperialistico ad estenderla indefinitamente, con uno, come quello psicoanalitico, che fornisce una visione psicologica alla patologia, una psicologia del patologico. Per esempio in questa prospettiva Freud scriveva: “Da quando sono stati affrontati con presupposti psicoanalitici, sono stati finalmente intesi ed inseriti nel contesto della vita psichica i discorsi più peregrini, le posizioni e gli atteggiamenti più stravaganti di questi malati. Esattamente lo stesso vale per i deliri, per le allucinazioni e per i sistemi deliranti di parecchi malati di mente. Dovunque sinora sembrava regnasse soltanto il capriccio più bizzarro, il lavoro psicoanalitico ha indicato la presenza di una legge, di un ordine, di una concatenazione, o, per lo meno l’ha fatta intuire nei casi in cui la ricerca era ancora incompiuta. Le forme eterogenee che la malattia psichica assume vengono comunque riconosciute come l’esito di processi di fondo identici ai processi psicologici, la cui natura si lascia penetrare e descrivere grazie a concetti psicologici” (L’interesse per la psicoanalisi OSF vol.7, p. 257).
Le divergenze fra le due prospettive esposte generano ovviamente possibilità di conflitti. Questi possono portare poi a divaricazioni inconciliabili (la psichiatria come brutalmente repressiva dell’individuale, la psicoanalisi persa in questo, senza possibilità di una visione generale del disturbo, ad esempio) ma possono anche condurre, con l’accettazione delle differenze specifiche, alla constatazione che il problema della sofferenza e delle malattie psichiche dell’uomo è così complesso da non consentire facili riduzionismi e che deve essere affrontato da vertici e con metodi diversi, vertici e metodi che non portino all’esclusione di altre prospettive.
Come si è accennato, in anni recenti la psichiatria sembra aver accentuato il suo carattere, per così dire, medico epidemiologico di ricerca di segni e sintomi da aggregare in sindromi o “disturbi” e di ipotizzate o conosciute basi neurobiologiche di questi, sovente confuse poi con le basi etiologiche, come è successo con l’uso del DSM III e IV come se fossero non manuali diagnostici ma trattati di psicopatologia. Con ciò si è rischiato di perdere “la mente” in psichiatria, riducendo questa attività ad una sorta di neurologia applicata.
Invece la “follia”, come sottolineava Erasmo da Rotterdam, non è solo una malattia che deve essere curata ma anche un elemento di base della salute, uno stimolo vivificante la creatività e l’originalità, un possibile rimedio a sua volta di quella “malattia della normalità”, di marca conformistica, che può anche essere vista come paralisi e fine dello sviluppo della vita mentale.
A questa prospettiva, alla conservazione della specificità e del nucleo forte della Psicoanalisi ma anche all’apporto che la psicoanalisi può scambiare con altre scienze, professioni e vertici osservativi, il Textbook of Psychoanalysis porta un contributo importante ed originale, è, da questo punto di vista, rigorosamente e laicamente freudiano, si raccomanda alla lettura ed allo studio da parte degli psicoanalisti ed anche – e soprattutto! – degli studiosi di campi ad essa direttamente od indirettamente collegati, come psichiatri, psicologi, educatori, cultori di filosofia, antropologia, letteratura, arte.