“Adolescence” è una miniserie britannica intensa e potente, di soli quattro episodi, ciascuno girato con un unico piano sequenza.
Scritta da Stephen Graham e Jack Thorne e diretta da Philip Barantini, sta meritatamente ricevendo un’accoglienza entusiastica da parte di pubblico e critica.
La narrazione ruota attorno a Jamie Miller, un tredicenne accusato di aver ucciso con sette coltellate Katie Leonard, una coetanea, compagna di scuola.
Nel primo episodio una squadra di polizia, guidata da una coppia di investigatori, l’ispettore Bascombe e il sergente Frank, irrompe all’alba in casa del ragazzo, che viene arrestato sotto lo sguardo atterrito dei genitori e della sorella, ignari di tutto e assolutamente sconvolti. Poco prima del raid della polizia, nella prima scena dell’episodio, l’ispettore riceve un messaggio audio dal proprio figlio adolescente e confida alla collega che non risponderà al figlio che gli chiede di poter non andare a scuola, ma aspetterà che sia la moglie a gestire la questione. Viene presentata così la prima coppia padre-figlio con un problema di relazione e comunicazione. La seconda coppia è naturalmente quella costituita da Jamie e dal proprio padre Eddie.
Il rapporto padre-figlio è una delle tematiche centrali della serie, così come il rapporto tra i sessi in adolescenza e il sentimento di inadeguatezza e impotenza di molti adolescenti maschi rispetto alle ragazze, la difficoltà degli adulti, genitori e insegnanti, nel rapportarsi ai ragazzi e comprenderne le modalità comunicative, il cyberbullismo, il peso dei media e dei social nella formazione della mente e delle relazioni interpersonali dell’adolescente.
Sia Jamie che Adam, il figlio dell’ispettore, sono due ragazzi fragili e in difficoltà. Mentre Adam sembra aver scelto l’isolamento come difesa dalle angherie dei coetanei, Jamie è venuto in contatto tramite internet con siti e contenuti che promuovono la misoginia e la supremazia maschile e si accompagna a coetanei con difficoltà simili. Jamie è convinto di non avere chance con le ragazze. Nel colloquio con la psicologa che occupa tutto il terzo episodio ripete più volte con dolore e rabbia: “Io sono brutto ! Sono il più brutto!” L’assimilazione del corpo sessuato è un passaggio fondamentale in adolescenza e può divenire problematico. L’odio per il proprio corpo, espresso dal ragazzo, potrebbe essere inteso come una reazione alle fantasie sessuali e aggressive, proiettate sul proprio corpo, che risulta agli occhi del ragazzo sempre più lontano dall’immagine del corpo idealizzato. Il ragazzo, pur con molte resistenze, riporta nel colloquio con la psicologa alcuni elementi del rapporto col padre, in particolare il disagio del padre di fronte alle prestazioni sportive disastrose del figlio. Nel quarto episodio, molto intenso e toccante, è Eddie a riflettere insieme alla moglie Manda sugli stessi ricordi:- L’ho soffocato col calcio, ma era un disastro! Io non riuscivo a guardarlo!- In un dialogo molto commovente la coppia si interroga sul rapporto col proprio figlio, sugli errori commessi. Eddie rievoca il fatto che, essendo stato tanto picchiato dal proprio padre, ha cercato di essere un padre diverso per i propri figli, ma, tra le lacrime, riconosce di non aver fatto abbastanza nei confronti di Jamie, di non avere compreso quel bambino imbranato che al calcio preferiva il disegno e che passava il tempo a disegnare mostri,
Probabilmente il rifiuto da parte del padre della fragilità del ragazzo ha ostacolato la disidentificazione dalla madre e l’identificazione col padre, necessarie nel processo evolutivo di un figlio maschio, e l’acquisizione di una identità soddisfacente. Si ha infatti un’immagine squalificata del Sé, con senso di inferiorità rispetto ai coetanei e compromissione della possibilità di immaginarsi desiderabile per l’altro sesso.
Il rapporto col padre è più esplorato rispetto a quello con la madre, anche perché nel primo episodio il ragazzo sceglie di avere vicino proprio il padre, in qualità di tutore legale, durante la perquisizione fisica, il prelievo per le analisi del sangue e l’interrogatorio della polizia, forse nell’estremo tentativo di essere accolto e protetto da lui. Si può pensare però che, in combinazione con la scarsa presenza del padre, ci sia stata una relazione fusiva madre-bambino con mancanza di uno spazio transizionale che Donald Winnicott ha pensato come uno spazio intermedio tra sé e l’altro, tra la realtà interna e quella esterna, che consente al bambino di sperimentare la separazione e la fusione, di affrontare il dolore della separazione senza esserne sopraffatto. La persistenza di una relazione fusiva madre- bambino comporta una notevole fragilità del Sé e predispone il bambino ad una soluzione passiva e perdente nell’ambito della situazione edipica. “Rispetto a te io tornavo prima dal lavoro, ma non sono stata molto più brava.” dice Manda ad Eddie, nell’ultimo episodio.
Nel secondo episodio i poliziotti Bascombe e Frank visitano la scuola media frequentata da Jamie e Katie per cercare ulteriori dettagli sull’omicidio. Ci si ritrova così dentro un ambiente caotico, in cui gli insegnanti cercano di capire ma non riescono, oppure ricorrono a modi duri e repressivi o si defilano, vili ed evitanti, mentre imperversano ragazzini aggressivi che bullizzano i compagni. Il mondo degli adolescenti in sostanza appare come un mondo a parte che gli adulti ignorano, temono, ghettizzano, per cui la scuola “ sembra un recinto di contenimento, con telecamere in ogni classe” e con “una puzza che è un mix di vomito, cavolo e masturbazione” dicono i due investigatori, alludendo credo alla potenza delle pulsioni sessuale e aggressiva che l’ambiente non aiuta a gestire. Uno dei momenti più scioccanti della serie mette in evidenza il divario generazionale tra adolescenti e adulti. In una scena cruciale, Adam, il figlio dell’ispettore Bascombe, spiega al padre il significato nascosto delle emoji apparentemente innocue con cui Katie si era palesata nella pagina Instagram di Jemie e che i poliziotti avevano interpretato come segno di un’interazione amichevole tra i due ragazzi. Tali emoji veicolavano significati tutt’altro che amichevoli, con esse Katie aveva in realtà accusato platealmente Jamie di essere un “Incel” su Instagram, di appartenere alla comunità virtuale degli “Involuntary celibates”, costituita da individui disadattati e misogini che attribuiscono la responsabilità della loro incapacità di stabilire legami romantici e di farsi accettare al presunto atteggiamento discriminante delle donne, che preferirebbero uomini di bell’aspetto (“l’80% delle donne sceglie il 20% degli uomini”). Dai fagioli, alla red pill di Matrix, ai cuoricini colorati, questi simboli fanno parte di un codice segreto, usato dagli adolescenti e ignoto agli adulti.
Il rapporto tra Jamie e Katie e l’impossibilità del ragazzo di accettare un rifiuto si chiariscono nel terzo episodio, incentrato sul colloquio del ragazzo con la psicologa. Durante gli scambi con la psicologa, il ragazzo, che ha un aspetto infantile e innocuo e dimostra meno dei suoi 13 anni, passa dal sarcasmo alla ricerca di vicinanza, dalla disperazione a crisi di rabbia violenta e distruttiva. Melanie Klein ci ricorda che il rapporto con l’oggetto è sempre ambivalente. Esso è amato, temuto, desiderato e respinto. I cambiamenti repentini del comportamento del ragazzo, che da amichevole diventa minaccioso e violento, vanno però oltre l’ambivalenza e fanno pensare alla permanenza in una posizione schizoparanoide, in cui dominano i meccanismi di scissione e identificazione proiettiva e l’altro, da oggetto buono e accogliente, diventa subitaneamente oggetto cattivo, persecutore. Jamie, da buon adolescente, instaura rapidamente un rapporto transferale. Nel momento in cui la psicologa gli comunica che la valutazione è terminata e che non si vedranno più, il ragazzo va incontro ad una crisi di disperazione totale, lasciando la psicologa profondamente scossa. Il lavoro con gli adolescenti, e in generale con la sofferenza mentale, non può consistere infatti in una asettica riflessione intellettuale, ma comporta un coinvolgimento profondo, col terapeuta che diventa contenitore e cassa di risonanza del dolore del paziente.
“Adolescence” non condanna nessuno, né il ragazzo, né i genitori, ma permette di vederne la profonda umanità e sofferenza.