Diario di un autodidatta
Alfonso Guida .
ed.Guanda
Un libro potente fatto di luce e oscurità, di carne e sangue, di pietre e terra, di strade di campagna che talvolta incrociano quelle delle metropoli, di primigenie origini e di frantumazioni e scissioni.
Nei dodici dello selezione per il premio.Strega Poesia.
L’Io e l’Es si guardano senza timore ma con la sacrale innocenza di chi sa che solo perdendosi può ritrovare il vero Sè e tutto ciò che è inconoscibile o rimosso.
Un libro numinoso, che conforta il nostro doloroso esistere, un libro che parla dei vuoti, di ciò che sembra perduto ma che rimane nel profondo di ognuno. Un’atmosfera continuamente sospesa tra oscurità ed improvvise epifanie, attraversare il tragico senza timore, con l’umiltà della propria identità.
In alcuni momenti le parole sembrano battere l’una contro l’altra, tra clonie ed immobilità, in un utero che sembra non avere aperture. Una arcaica madre che genera ma ingloba, tiene dentro, senza far mai nascere. Un padre, il terzo che dovrebbe separare, desiderato ardentemente ma irraggiungibile ed imprendibile, se non per proiezioni, spostamenti, fantasticherie. Il sacro continuamente si intreccia con la pura oggettività, le cose non viventi, a volte sembrano piu vive di tutto l’umano. Alfonso Guida incontra altri poeti con l’ardimento, a volte dolente a volte empatico, del fratello che nomadicamente attraversa gli affetti, gli interstizi dell’esistere perche non c’e stato un “ambiente” di base contenente ma solo un luogo dove poeticamente stare, sospesi in in equilibrio squilibrato. Quel luogo è fatto di spazio, isolato e atavico, e di un tempo che è sempre lo stesso, senza strappi perché frantumato all’origine, perché non è mai domani. Un luogo che continuamente perde pezzi ma che è il luogo dell’origine, la terra su cui si sono poggiati, per la prima volta i propri piedi e ancora prima quelli dei genitori, degli avi, del primo uomo: di Adamo. Un antico e perduto sud, ritirato dal resto del mondo ma proprio per questo depositario di assoluto, di antico esistere, delle memorie del sempre, del lascito di ogni respiro, di tutte le intermittenze del cuore. Un sud dove Cristo sosta tra un Golgota ininterrotto e il miracolo di ri-nascerr. Una sospensione continua, un campo lasciato a maggese nel senso di Masud Khan, che produce in tempi lenti e intermittenti, frutti di divina umanità. Il poeta con le sue parole conduce e segue, nello stesso tempo, il viaggio di ognuno di noi. Lo spazio della poesia é concreto ma contemporaneamente volatile Scopre quello che esiste e che non è stato ancora detto ma dice anche ciò che non esiste portandolo a nascere. Il poeta attraversa il nulla con uno sguardo cieco perché sente non vede, é nel’incanto. Ritrovare ogni cosa del passato come se fosse nel sempre, ogni possibile potere abbandonato, solo l’innocenza è assoluta, l’abbandono incontra il ritrovamento.
Non c’è vita, non c’è morte ma solo l’istante di un’aurora abbacinante o il nero più nero di una notte desolata, ma che conserva il riflesso di una luce passata, ma non abbandonata, un nero brillante come scrive Marion Milner. La dissipazione è inevitabile nella vita ma solo attraverso di essa si puo avere dignità di esistenza, avere una visione, anche ad occhi chiusi. Senza desiderio ma con le palpebre socchiuse dell’esiliato, di colui che è sempre in cammino, che significa viaggiare e sostare nell’inconscio, quello profondo e radicato nello psiche/soma
Alfonso Guida con il suo diario racconta della santità e della sconfitta che ogni uomo incontra in ogni giorno della sua esistenza. Senza temere l’inermità anzi abbracciarla stetta come un enfans. Il suo diario è il nutrimento necessario per chi non teme la ferita, anzi la lascia penetrare dalla luce. Tanto che il sangue e la carne possano brillare insieme, della luce del giorno che si rinnova ad ogni morte sostando sulla riva di un infinito mondo .
“Ti scrivo dal profondo dormiveglia
di una tregua spaventata, sprovvista
di inclinazione alla pace o alla quiete
stretta tra due rose di poche spine.
Mi sto allontando.Vado lontano.
Mi allontano. Cerco. Divago. Indugio
Sono una figura di troppi lati
Sono lo scavo muto di una pioggia riflessiva.Ti scrivo da una riva”