LE FRONTIERE DELLA PSICOANALISI
Rispetto e risonanza
28 giugno – 1 luglio 2024
Lavarone (TN)
Rispetto e risonanza
28 giugno – 1 luglio 2024
Lavarone (TN)
“LE FRONTIERE DELLA PSICOANALISI. RISPETTO E RISONANZA”
Convegno del Centro Studi Gradiva Lavarone (TN), 28 giugno – 1° luglio 2024
Anche quest’anno, immerso nella, nei luoghi tanto amati da Freud, si è svolto l’ormai pluridecennale convegno di Lavarone “Le frontiere della psicoanalisi”. Da sempre questa magnifica cornice dell’Alpe Cimbra rappresenta un terreno confortevole per provare a sostare in quella fertile zona di confine che non è solo l’incontro e il confronto tra discipline diverse, ma diventa una partitura su cui provare a tracciare una sorta di polifonia, in cui diverse voci possono emergere, essere riconosciute e intrecciarsi in un raffinato contrappunto.
Il Comitato Scientifico, composto da Simona Argentieri, Daniela Federici, Elisabetta Marchiori, Antonio Scaglia, Alberto Schön, Manuela Trinci e Geni Valle, ha scelto per l’edizione di quest’anno un tema davvero bello e stimolante, “Rispetto” e “risonanza”, che è stato declinato dai relatori, nel corso delle ricche giornate, lungo sentieri divergenti e “risonanti” al tempo stesso.
Il Convegno si è aperto il venerdì pomeriggio con la presentazione del libro di Daniele Schön Quattro. Stagioni, voci, quarti, mani (Il Mulino, 2023), condotta da Geni Valle, Manuela Trinci e Alberto Schön L’autore, co-direttore di Ricerca CNRS all’Istituto di Neuroscienze dei Sistemi di Marsiglia e violoncellista, è riuscito ad intrecciare le sue personali voci interne grazie ai suoi studi sui legami tra musica, linguaggio e dinamiche cerebrali. Con una grande maestria divulgativa – fatta di racconti, teoria musicale resa accessibile anche ai non musicisti, competenza storica e pillole di psicologia della musica – siamo stati condotti in un viaggio affascinante attraverso una lente di suoni e musica, in cui il numero quattro si riempie di significati. L’autore ci ha illustrato il sentiero che l’ha condotto ad immaginare i quartetti di voci e archi alla ricerca dell’unione perfetta; i quattro quarti legati a intricati orologi interni; le quattro mani che si incrociano e permettono di stare vicini; le quattro Stagioni per un successo sublime. Ci ha infine raccontato il tortuoso percorso che ha portato a stabilire le 440 oscillazioni al secondo come attuale standard internazionale per accordarsi – e mettersi d’accordo – a livello mondiale. Attraverso numerosi esempi, ha evidenziato come la musica contiene nella sua essenza valori che sono fondamentali anche per la comunicazione umana: la necessità di accordarsi e allinearsi e quella di dissentire, essere in disaccordo senza opporsi. Durante la discussione è stato anche sottolineato il valore della dissonanza, che arricchisce il suono musicale di una varietà maggiore di armonici rispetto alle sonorità consonanti, che risultano più vuote.
Alla fine della presentazione Daniele Schön ha indossato le vesti del direttore d’orchestra, riuscendo nel piccolo miracolo di riunire l’eterogenea comunità dei presenti in un coro a quattro voci improvvisato sulle note della prima strofa del canto-preghiera popolare “Signore delle Cime”, regalando ai presenti la possibilità di fare esperienza della necessità di ascoltarsi reciprocamente per entrare in risonanza, integrare le diverse voci e dare vita al canto-preghiera.
La serata è proseguita sulla scia musicale: nella sala gremita del Cinema Teatro Dolomiti, la Vice Sindaca Adriana Fellin ha presentato con comprensibile orgoglio il concerto Quattro Stagioni, quattro anime. I concerti per violino di Vivaldi eseguiti dal violino solista Matteo Marzaro con Gli Archi Italiani (Mattia Tonon violino, Matteo Zanatto violino, Michele Sguotti viola, Giovanni Costantini violoncello, Michele Gallo contrabbasso, Marco Vincenzi clavicembalo) con gli strumenti di ANIMA. Come ci ha raccontato il violoncellista e Direttore d’Orchestra Giovanni Costantini al termine dell’esecuzione di ognuna della quattro stagioni, il Progetto Anima ha dato vita alla realizzazione di quattro strumenti (due violini, una viola e un violoncello) con tavole armoniche e anima fatte con il legno dell’abete bianco dell’Avez del Prinzep. Questo maestoso abete, simbolo distintivo dell’Altipiano, era il più alto e longevo d’Europa: purtroppo, nel 2017, a circa 250 anni di vita (e 52 metri di altezza!), si è improvvisamente abbattuto al suolo. Dopo questo evento, il Maestro Costantini, insieme al liutaio Gianmaria Stelzer, hanno avuto l’idea di costruire questi strumenti unici, con il proposito di restituire l’anima dell’albero crollato attraverso il suono. Per la prima volta questi strumenti speciali hanno suonato insieme in questa serata, regalando ai presenti il privilegio di poter ascoltare qualcosa di cui avvertiamo molto il bisogno in questi tempi cupi: la capacità di trasformare creativamente uno schianto, una distruzione, in un nuovo inizio.
La sessione di sabato mattina, moderata da Geni Valle psicoanalista e presidente dell’AIPsi è stata aperta da Giovanni Costantini, direttore artistico del progetti ANIMA con la relazione” Il rispetto per l’ecosistema e la risonanza dell’Avez del Prinzep” poi è intervenuto il criminologo Adolfo Ceretti con la relazione “ Le dinamiche del rispetto nella giustizia dell’incontro” La mattinata si è conclusa con la bella relazione di Virginia De Micco psicoanalista SPI “ Nello specchio dello straniero. A proposito di rispetto, risonanza, riconoscimenti possibili e impossibili” Virginia De Micco si occupa da anni delle dinamiche psicoculturali legate alle migrazioni, con particolare attenzione alle dinamiche psichiche del razzismo e del pregiudizio: “ Il lavoro psicoanalitico con migranti- scrive la De Micco, ci chiede di essere ancora più profondamente analisti,attraverso una rinnovata profondità d ascolto di quanto ci è più straniero”
Nel pomeriggio sul palco di Lavarone ci sono stati gli interventi del giornalista Alberto Faustini “ Conforme alla legge e autogoverno: due forme di rispetto” e di Giuseppe Zanda, psicoterapeuta analitico, “Sull’esperimento silenzioso di Jung. Il club psiccologico di Zurigo”” moderati da Manuela Trinci psicoterapeuta infantile, studiosa di letteratura per l’infanzia e saggista, socio fondatore e didatta dell’Associazione scientifico-culturale “Dina Vallino” (Milano), e membro dell’AEPEA (Associazione Europea di Psicopatologia dell’Infanzia e dell’Adolescenza).
La mattinata di domenica, condotta da Daniela Federici, psicoanalista SPI, si è aperta con la relazione di Andrea Staid dal titolo “Natura come un mondo di vite”. Docente di Antropologia culturale e visuale presso la NABA e di Antropologia Culturale presso l’Università di Genova, Staid ci ha illustrato in modo brillante l’origine dell’attuale crisi ambientale, che affonda le sue radici nel colonialismo. Oltre ad aver sterminato intere popolazioni indigene, il colonialismo ha drasticamente mutato il modo con cui gli individui si rapportavano al proprio ecosistema, trasformando la capacità “di pensare l’ambiente come un territorio di relazioni” in un mondo da dominare e da distruggere. Le popolazioni indigene, ci racconta Staid, erano capaci di mantenere un rapporto spirituale con l’ambiente, in cui la natura era vista come dotata di un’anima che, se rispettata, garantiva la continuità del rapporto tra uomo e ambiente e tra umani. Inconsapevolmente i primitivi, sembravano conoscere quelli che oggi conosciamo come capacità di comunicazione tra le piante e gli esseri animali che vivono in un determinato ecosistema.
Staid propone di passare dall’epoca geologica in cui viviamo, l’Antropocene, caratterizzato dall’impatto distruttivo sugli ecosistemi da parte dell’uomo, ad una nuova via, il Simbiocene, termine coniato dal filosofo e ambientalista australiano Glenn Albrecht. Questa visione ci presenta “una visione di futuro caratterizzata da una relazione positiva e simbiotica tra gli esseri umani e il mondo che ci ospita. Nell’era del Simbiocene, gli esseri umani collaboreranno attivamente con la natura, riconoscendo le loro interdipendenze con gli ecosistemi terrestri”. Sforzandosi di rigenerare l’ambiente naturale si potrà creare un mondo più armonioso e naturale.
Jona Kozdine, Psicoanalista Ordinario dell’Associazione Italiana di Psicoanalisi (A.I.Psi.) e dell’Ipa, Psicoterapeuta per l’Adolescenza dell’ARPAD e Tesoriera dell’Aipsi, ha presentato l’ultima relazione della mattinata, dal titolo “Se Enea è donna”. Attraverso il toccante racconto di una psicoterapia con un’adolescente albanese – con cui condivide la nazionalità e la lingua d’origine – la relatrice ha esplorato il complesso rapporto intrapsichico e interpersonale con le identificazioni, le disidentificazioni, gli oggetti interni, le risonanze e le diversità delle esperienze personali nella coppia analitica. In questo viaggio terapeutico si è interrogata sulla possibilità di trasformare il dolore e l’angoscia del viaggio clandestino – che ha condotto la giovane paziente in Italia attraverso la tratta dei Balcani – in un viaggio terapeutico di crescita e di integrazione – sia interna che esterna – di un’adolescente, nel pieno rispetto dei propri tempi interni.
Kozdine si è interrogata sin dall’inizio su una questione nient’affatto scontata e davvero cruciale all’interno del lavoro analitico: quali sono i fattori della cura? E’ sufficiente, nel lavoro analitico così come nella vita quotidiana, sentire la risonanza tra sé e l’altro come il solo elemento efficace? Come si svolgono e avvengono i processi trasformativi – non solo nel paziente, ma anche nell’analista – quando ci si confronta con temi che possano essere simili ed entrare in risonanza con le nostre esperienze o con la nostra storia? Qual è l’elemento trasformativo: essere simili e in risonanza o essere diversi, permettendo che anche elementi divergenti o dissonanti possano risuonare dentro di noi? E che genere di risonanza si crea quando dentro di noi vibrano elementi in dissonanza? Interrogativi che sono alla base di uno dei pilastri della tecnica psicoanalitica, il controtransfert.
Proprio questi interrogativi hanno permesso alla relatrice di entrare in risonanza rispettando la differenza, “innaffiare il fiore senza afferrarlo”, evitando il rischio costantemente presente in questi casi, di sovrapporre la propria esperienza di “sentirsi straniera” attraverso un eccesso di risonanza che può diventare “occupazione dell’altro”. Questo ha consentito alla giovane paziente di poter effettuare quei movimenti di identificazione e disidentificazione che le hanno permesso di compiere il suo viaggio interno che l’ha portata, da clandestina, a diventare straniera. Proprio come in un sogno da lei raccontato, Enea – come l’eroe virgiliano – parte dall’ anfiteatro greco-romano di Butrinto, lasciando alle sue spalle Troia per mettere radici in Italia, “suonando a quattro mani” con la sua analista il canto doloroso, ma fondante, di questo viaggio.
Il convegno si è concluso con la cerimonia per l’assegnazione del Premio Gradiva-Lavarone 2024, presenziata da Adriana Fellin e dalla Presidente della Giuria Daniela Federici, che la Giuria ha assegnato al libro “La riparazione dentro e fuori la stanza d’analisi”, curato dagli psicoanalisti Maria Adelaide Lupinacci, Nicolino Rossi e Irene Ruggiero per le Edizioni Astrolabio
Simona Di segni – psicoanalista ordinaria A.I.Psi.