Noi e loro (Jouer avec le feu) è un film francese del 2024, uscito in Italia a febbraio 2025, diretto da Delphine e Muriel Coulin. Adattamento cinematografico del romanzo del 2020 Quel che serve di notte di Laurent Petitmangin, è stato presentato in concorso all’81ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dove Vincent Lindon ha vinto la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile.
Il film è incentrato sulle dinamiche complesse e dolorose di una famiglia monogenitoriale: un padre, Pierre, magistralmente interpretato da Vincent Lindon e i suoi due figli, Fus e Louis, rispettivamente di 23 e 19 anni (Benjamin Voisin e Stefan Crepon, talentuose promesse del cinema francese).
Pierre è un ferroviere cinquantenne che ha cresciuto da solo i suoi figli dopo la morte della moglie, avvenuta 10 anni prima.
All’inizio del film Pierre assiste ad una partita di calcio del figlio Fus che arriva a segnare un gol potente, dopo un fallo che l’arbitro non coglie. Questa modalità “scorretta” stempera nel padre l’entusiasmo per la performance vincente del figlio e rappresenta il primo elemento perturbante che la storia ci propone. Dopodiché lo spettatore, assieme a Pierre, si confronta sempre più con la deriva di Fus che, dall’aggressività positiva dell’attaccante che segna un gol, passa alla violenza distruttiva degli ultrà e poi dei gruppi di estrema destra, che si riuniscono in un capannone dove organizzano incontri clandestini di arti marziali miste, con un pubblico quasi più assetato di sangue dei combattenti, e compiono scorribande per la città minacciando e aggredendo gli attivisti di sinistra. Le scene degli ultrà o dei neofascisti evocano il Freud di Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921): l’individuo in massa sperimenta un sentimento di potenza invincibile che gli permette di cedere alle proprie pulsioni inconsce in quanto viene meno la coscienza morale. All’interno della massa si verifica un contagio mentale e svolge un ruolo fondamentale la suggestionabilità per la quale il singolo individuo si comporta come l’ipnotizzato nelle mani dell’ipnotizzatore, “non è più se stesso, ma è un automa, incapace di essere guidato dalla propria volontà, […] scende di parecchi gradini la scala della civiltà, […] è un istintivo e dunque un barbaro. Ha la spontaneità, la violenza, la ferocia e anche gli entusiasmi e gli eroismi degli esseri primitivi.” In questa organizzazione è scontata la proiezione di parti di sé rifiutate, negative e predatorie nell’altro, nello straniero, nel diverso.
“Quando odiano chi è diverso e parlano di noi e loro non può che finire male” è una frase del padre. Il figlio minore assiste impotente al cambiamento del fratello e agli scontri tra questo e il padre e cerca inutilmente di mediare tra loro. Quindi da una parte Fus, sempre più frustrato e violento e dall’altra Louis, studioso e dolce, il “figlio perfetto” come il fratello rabbiosamente lo definisce. Pierre è scioccato da ciò che scopre. Lui appartiene alla tradizione operaia di sinistra, ha idee progressiste e non si capacita di ciò che sta accadendo; cerca disperatamente e inutilmente di arginare il figlio, in un modo che diventa rabbioso e ossessivo, causando una frattura sempre più insanabile. Prevalgono progressivamente i colori scuri e il ritmo diventa concitato: le scene più violente non vengono rappresentate, ma evocate attraverso la presentazione di immagini quasi oniriche in cui Fus balla convulsivamente tra tanti corpi, come in uno stato di trans. Si arriva alla fine a conseguenze estreme.
In tutto il film si mantiene una tensione altissima, grazie a musica e fotografia molto efficaci. C’è una continua alternanza e contrapposizione di amore e odio, tentativi di incontro e scontri violenti verbali, al limite dello scontro fisico tra padre e figlio.
Louis cerca di smorzare la preoccupazione del padre; accusa il padre di volere Fus uguale a lui e di non accettarlo “Non è mai abbastanza bravo per te, non dobbiamo essere come te!”; difende il fratello ricordando che si è occupato di lui quando la madre era in ospedale. Della madre assente si parla in poche occasioni: “Lei sarebbe contenta”, dice Louis al padre in occasione dell’open day alla Sorbona, dove il ragazzo si iscriverà; “Se tua madre ti vedesse!” dice Pierre a Fus, rimandandogli la delusione totale, in uno dei momenti di scontro più acceso tra padre e figlio; “Non sai cosa vuol dire comunicare ai tuoi figli che la madre è morta” dice Pierre ad un collega come ad indicare da dove sia partito tutto. La perdita di un genitore in adolescenza segna la vita di un ragazzo in quanto realizza concretamente, ciò che dovrebbe invece realizzarsi simbolicamente, attraverso il processo di crescita ed emancipazione dai genitori.
Come si possono far morire in fantasia i genitori dell’infanzia se la vita provvede a farlo concretamente? Che tipo di colpa può segnare la vita di un ragazzo se ciò che si stava in certi momenti fantasticando (liberarsi dalla propria madre per andare verso un oggetto non incestuoso) avviene davvero?
Nel film non ci sono presenze femminili, come se la madre avesse lasciato un vuoto incolmabile. Non c’è una nuova compagna per Pierre, né ci sono fidanzate per i due ragazzi. E’ un film al maschile. I tre protagonisti non riescono a comunicare veramente e appaiono stretti in un abbraccio determinato da un amore grondante dolore che non permette un modo sano di stare nella vita. Il corpo è molto presente in questo film, il corpo del padre, i giovani corpi dei due ragazzi, più esile quello di Louis, più potente ed esibito quello di Fus. E’ molto bella e commovente la scena in cui, durante una festa, Fus convince il padre a ballare e ad insegnargli dei passi: il padre, inizialmente riluttante, si coinvolge col figlio in un ballo che esprime tutto l’amore che li lega, nonostante l’incomunicabilità. Interazione tra i due corpi molto diversa da quella tra i corpi dei lottatori o delle scene di violenza. Sicuramente esiste un desiderio dei figli per il corpo del padre, che Fus sposta nelle interazioni con i sodali dei gruppi di estrema destra in cui si intravvedono spinte omosessuali.
Non sappiamo quanto il dolore per la morte della madre sia stato elaborato e quanta rabbia ci sia stata per l’abbandono. Nel film non si parla del lutto. I protagonisti sono vicini ma soli. Il dolore dell’assenza, la preoccupazione e l’impotenza portano Pierre a bere da solo in un locale, mentre Fus prova una rabbia distruttiva incontrollabile che trova sbocco solo nella radicalizzazione.
Si può ipotizzare che il padre, troppo assorbito dal dolore del lutto, non abbia dato sufficiente sostegno narcisistico al figlio primogenito, che non è riuscito a trovare una sua possibilità di affermarsi se non nella radicalizzazione.
Gli spunti offerti sono tanti. Film molto bello e toccante, da vedere!